lunedì 18 marzo 2013

18 marzo 2013: 30° anniversario della scomparsa di S.M. il Re Umberto II di Savoia



Il 18 marzo 1983, nell'Ospedale Cantonale di Ginevra, moriva S.M. il Re Umberto II di Savoia.
Il 24 marzo, nell'Abbazia di Altacomba in Francia,  si tennero i funerali, ai quali parteciparono migliaia di Italiani giunti da ogni parte d'Italia con tricolori recanti lo stemma Sabaudo, a dimostrazione di quanto il Re fosse amato e di quanto la Monarchia fosse ancora nel cuore della gente.





Umberto II regnò un solo mese, il mese di maggio del 1946 (anche se per 2 anni, dal giugno 1944, era stato Luogotenente Generale del Regno, e dunque Re "facente funzioni"), e per questo era ed è conosciuto anche come il Re di maggio. Alla fine di una guerra disastrosa, che portò l'Italia sul baratro del disastro, Umberto II, pur non colpevole di quanto accaduto in precedenza, volle lasciare la parola al Popolo Italiano sulla scelta della forma istituzionale del Paese, ed indì il referendum per la scelta tra Monarchia e Repubblica.
Il 2 giugno del 1946 gli italiani andarono al voto e l'esito di questo referendum fu incerto per molti giorni, tanto che lo stesso Re Umberto promise un secondo referendum nel caso che la Monarchia avesse vinto con risultato solo di poco superiore a quello della repubblica. 
Si cominciò a parlare di vittoria della Monarchia, tanto che lo stesso De Gasperi, Presidente del Consiglio, il 5 giugno annunciava al Re che la Monarchia aveva vinto.
Improvvisamente tra il 5 e il 6 giugno i risultati sembrarono cambiare, furono scrutinati centinaia di migliaia voti di dubbia provenienza, ed il risultato cominciò ad essere a favore della repubblica.
Furono presentati migliaia di ricorsi, che non vennero presi in considerazione.

Scoppiarono molti disordini, soprattutto nel meridione, fra i fedelissimi del Re e le forze repubblicane. A Napoli 9 giovani monarchici, che manifestavano democraticamente, caddero negli scontri che vi furono tra il 9 e l'11 giugno. 
Il 10 giugno la Corte di Cassazione diede in via ufficiosa la notizia della vittoria della Repubblica affermando che avrebbe fatto la proclamazione ufficiale con i dati definitivi il 18 giugno. Ciò però non avvenne per cui la Repubblica, in effetti, non è mai stata proclamata !
Il Re, per sedare gli animi e per evitare il ripetersi di una guerra fratricida fra Italiani, che già aveva sparso tanto sangue durante la Resistenza, decise di allontanarsi TEMPORANEAMENTE dall'Italia per farvi ritorno quando l'esito del referendum fosse stato chiaro e fosse stata riconfermata la Monarchia oppure fosse stata sancita la vittoria della Repubblica. 
Il 13 giugno lasciò il Paese,  non senza aver protesta ufficialmente con questa nota:


Italiani!
Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.

A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani.
Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.

Viva l'Italia! Umberto

Roma, 13 giugno 1946.




Non appena egli uscì dal territorio nazionale, però, gli fu precluso il rientro e ne fu decretato l'esilio, un esilio che lo obbligò a vivere per 37 anni lontano dalla sua amata Patria, e che per ulteriori 30 anni, fino al presente, gli negò e gli nega una degna e civile sepoltura in quella che fu la sua terra e che i suoi avi contribuirono a far nascere e crescere.
Ora egli è sepolto nell'Abbazia di Altacomba, in Savoia, la culla dei sui padri, assieme ai Conti, ai Duchi e ai Re di Savoia che, partiti da una piccola regione della Francia, crearono un grande Stato Nazionale, l'Italia, e diedero dignità ad un Popolo che dal 1861 non è più il "volgo disperso che nome non ha" di manzoniana memoria, un Popolo che dal 1861 con orgoglio si definì e ancora si definisce Italiano.


Umberto II attende lì, ad Altacomba, come suo padre, Il Re Vittorio Emanuele II, il Re Soldato, il Re che completò l'unità d'Italia, attende ad Alessandria d'Egitto, e sua madre, la Regina Elena, Rosa d'Oro della Cristianità, attende a Montpelier, in Francia.


Attendono, coloro che hanno amato l'Italia, di tornare in Italia.
In tutte quelle nazioni che un tempo furono monarchiche ed ora non lo sono più è stato permesso ai reali di rientrare, da vivi o da morti. In Russia, in Austria, in Grecia, in Bulgaria e in altre nazioni le salme dei reali sono sepolte nella loro terra d'origine. Solamente in Italia si assiste a questa incivile, antidemocratica ed incostituzionale situazione, che vede chi ha contribuito al bene di Italia essere trattato come un cane, anzi peggio, perché di un cane si ha maggior pietà.
Quando finirà questo scempio? Quando si porrà termine a tutto ciò?
Agli Italiani il compito di farlo. 
Agli Italiani, a noi Italiani, il compito di far si che finalmente giustizia sia fatta.


domenica 17 marzo 2013

17 marzo 1861: nasce il Regno d'Italia

17 marzo 1861: nasce il Regno d'Italia.
A rettifica di quanto si sente dire da oramai circa 3 anni, il 17 marzo si celebra la nascita del Regno d'Italia e non l'Unità d'Italia, che fu raggiunta solamente nel 1918, sotto il regno di Vittorio Emanuele III,

alla fine della I Guerra Mondiale, con il ritorno alla nostra patria delle Italianissime città di Trento e Trieste e dei loro territori, ma non di Fiume e della Dalmazia, che non ci furono riconosciuti dai trattati di pace a causa dell'opposizione del Presidente Americano Woodrow Wilson, e per i quali si aprì una spinosa questione che portò strazio alla popolazioni Istriane e che ancora oggi mutila la nostra Unità e grida vendetta.

Tornando al 17 marzo 1861, in questa data Vittorio Emanuele II, fino a quel momento Re di Sardegna, assunse per se e per i suoi successori il titolo di re d'Italia.


L'unità era ancora lontana, mancando all'appello, come detto, il nord-est della nostra Patria nonchè lo Stato Pontificio con la Città Eterna, che fu presa solamente 9 anni dopo, il 20 settembre 1870, con la breccia di Porta Pia.




Nonostante queste mutilazioni, il 17 marzo del 1861 Vittorio Emanuele II, dopo aver mostrato sensibilità al "grido di dolore che da ogni parte d'Italia si leva verso di noi", portava finalmente a compimento il sogno che era stato di suo padre, il Re Carlo Alberto,

e di migliaia di patrioti che per esso giunsero all'estremo sacrificio della vita
Il 17 marzo 1861, grazie all'impegno di monarchici, quali lo stesso Vittorio Emanuele II e Camillo Benso di Cavour, e di repubblicani quali Garibaldi e Mazzini, che seppur da posizioni diverse operarono tutti per il bene supremo della Patria, il Popolo Italiano finalmente non era più un "volgo disperso che nome non ha", e l'Italia non era più la "terra dei morti" come la definì Lamartine.


Dal 17 marzo 1861 l'Italia aveva un unico Capo di Stato: S. M. il Re Vittorio Emanuele II, il Re Galantuomo.


Dal 17 marzo 1861 nell'azzurro cielo d'Italia risuonarono finalmente le note di un unico inno


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Oggi, 17 marzo 2013, ricorre il 152° anniversario della nascita del Regno d'Italia.

Buon compleanno, Italia!