venerdì 24 maggio 2013

24 maggio: Il Piave mormorava!

24 maggio 1915: L'Italia entra in guerra a fianco di Francia e Gran Bretagna. Dal Forte Verena, sull'Altopiano di Asiago, alle ore 4 parte un primo colpo di cannone verso le fortezze austriache situate sulla Piana di Vezzena: l'Italia inizia ufficialmente le operazioni militari nella prima guerra mondiale. 
Il giorno prima, il 23 maggio, il governo Salandra ha presentato al governo di Vienna la dichiarazione di guerra, fissando l'inizio delle ostilità al giorno successivo.



La celeberrima "Canzone del Piave", scritta dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (meglio noto con lo pseudonimo di E. A. Mario), racconta tutte le fasi di quella che può essere considerata a tutti gli effetti come la prima, grande esperienza collettiva degli italiani: esperienza collettiva nel senso che tutti, non solo gli uomini in età militare e quindi i combattenti, ne furono in qualche modo coinvolti.




Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera...

Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti!

S'udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»

Ma in una notte trista
si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...
Ahi, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto,
poi che il nemico irruppe a Caporetto!

Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti!

S'udiva allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l'onde:
come un singhiozzo, in quell'autunno nero,
il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»

E ritornò il nemico;
per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame...
Vedeva il piano aprico,
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora...

«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti,
«Mai più il nemico faccia un passo avanti!»

Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteron l'onde...
Rosso di sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
«Indietro va', straniero!»

Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento...
E la vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti

Infranse, alfin, l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!

Sicure l'Alpi... Libere le sponde...
E tacque il Piave: si placaron l'onde...
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri!


La canzone del Piave, (1918) di E.A.Mario, pseudonimo di Ermete Giovanni Gaeta. Questa versione è eseguita da E.A.Mario stesso




giovedì 9 maggio 2013

9 Maggio 1946: il Re Vittorio Emanuele III abdica alla Corona del Regno d'Italia


9 maggio 1946: S.M il Re d'Italia Vittorio Emanuele III di Savoia abdica a favore del figlio Umberto, Principe di Piemonte, che assumerà il nome di Umberto II.





Ecco il messaggio agli Italiani del nuovo Re, con il quale si annuncia l'abdicazione di Vittorio Emanuele III e l'assunzione, da parte del nuovo Re Umberto II, dei poteri che egli già esercitava come Luogotenente Generale del Regno.









Il Principe Umberto, infatti, il 5 giugno del 1944 aveva assunto la Luogotenenza Generale del Regno, e dunque, anche se non formalmente, era già Re. Formalmente lo divenne proprio il 9 maggio, con l'atto di abdicazione del padre. Il suo regno durerà ufficialmente fino al 13 giugno 1946, giorno in cui lasciò l'Italia perchè, disse, "non voglio un trono macchiato di sangue".
Ma Umberto II non fu "il Re di Maggio", come lo si suole ricordare per aver regnato ufficialmente per un solo mese da maggio a giugno: egli fu Re per tutta la vita, fino alla sua morte avvenuta il 18 marzo del 1983, perchè non aveva mai abdicato e non aveva voluto nè potuto riconoscere la Repubblica Italiana, mai nata ufficialmente ed istituita con un gesto rivoluzionario del Governo e nel sospetto di pesanti brogli elettorali, o comunque nella non validità del referendum istituzionale del 2 giugno a causa di innumerevoli vizi di forma e di sostanza

Di seguito alcuni documenti dell'epoca: la prima pagina de "Il nuovo Corriere della Sera" e un cinegiornale dell'Istituto Luce