domenica 22 dicembre 2013

Natale 2013
A tutti i monarchici e a tutti gli Italiani vada il nostro più sincero e fervido augurio per un Santo Natale che porti un momento, seppur fugace, di serenità in questi nostri cuori tormentati per il futuro, soprattutto quello dei nostri figli, un futuro che appare sempre più incerto nonostante le roboanti quanto vuote affermazioni ottimistiche di un Governo che annaspa nel tentare di risolvere problemi più grandi di lui e continua ad ingannare il popolo con false speranze di ripresa.
Finchè non si tornerà ad agire "con il nome d'Italia sulle labbra e soprattutto nel cuore", come ebbe a raccomandare Sua Maestà il Re Umberto II alla M.d'O. al V.M. Conte Raffaele Paolucci di Valmaggiore (Presidente dell'UMI, onore e vanto della monarchia Abruzzese), la nostra Patria continuerà a languire nella paludi della falsa democrazia e della falsa libertà.
Viva l'Italia, viva il Re!




giovedì 4 luglio 2013

4 luglio 1931: muore Emanuele Filiberto di Savoia, II Duca d'Aosta.

Emanuele Filiberto Vittorio Eugenio Alberto Genova Giuseppe Maria di Savoia-Aosta, figlio di Amedeo di Savoia-Aosta e di Maria Vittoria Dal Pozzo della Cisterna, nacque a Genova il 13 gennao 1869 e morì a Torino il 4 luglio 1931. Tornato in Italia nel 1873, dopo l'abdicazione del padre, Emanuele Filiberto il 18 gennaio del 1890, alla morte di Amedeo, assunse definitivamente il titolo di Duca d'Aosta (secondo in ordine dinastico).
Ad un anno di età gli vennero conferiti i titoli di Principe delle Asturie e Infante di Spagna, in quanto  proprio nel 1870 le Cortes decisero la restaurazione della monarchia e designarono Amedeo di Savoia (figlio del Re d'Italia Vittorio Emanuele II, fratello cadetto del futuro Re Umberto I e capostipite dell'attuale famiglia dinastica dei Savoia-Aosta) nuovo Re di Spagna (per quanto concerne la questione della nomina di Amedeo a Re di Spagna si veda

 Ricevette contestualmente anche il titolo di Duca d'Aosta, titolo appartenente fino a quel momento al padre, che fu il primo riceverlo, alla nascita avvenuta il 30 maggio 1845, dal padre, il Re Vittorio Emanuele.
Alla morte di Amedeo, avvenuta il 18 gennaio 1890, assunse definitivamente il titolo di Duca d'Aosta (secondo nella linea temporale, che oggi vede Aimone di Savoia, già Duca delle Puglie, detenere il titolo di sesto Duca d'Aosta). 
Iniziò la carriera militare nel Regio Esrcito a Napoli nel 1905 con il grado di capitano. Con l'ingresso dell'Italia nella prima guerre mondile, il 24 maggio 1915, Emanuele Filiberto guidò, senza mai subire sconfitte (da qui l'appellativo di Duca Invitto), la Terza Armata col grado di generale. Come riporta il Bollettino della Vittoria, dopo la battaglia di Vittorio Veneto, guidò le sue truppe alla riconquista delle posizioni già catturate e mai perdute.









Sposato con Elena d'Orleans, figlia del Conte di Parigi, ebbe due figli, Amedeo (che assumerà il titolo di terzo Duca d'Aosta alla morte del padre) e Aimone, che diventerà quarto Duca alla morte del fratello.

Elena d'Orleans Duchessa d'AostaLa Duchessa d'Aosta Ispettrice Generale
delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana








Emanuele Filiberto morì il 4 luglio 1931, e, per sua volontà, venne sepolto tra i soldati nel Sacrario Militare di Redipuglia.

 


(il testo e le immagini sopra riportate sono tratte dalla pagina wikipedia dedicata all'argomento, http://it.wikipedia.org/wiki/Emanuele_Filiberto_di_Savoia-Aosta, ad eccezion fatta per l'immagine del "Bollettino della Vittoria", proveniente dal sito ideazzurra.ilcannocchiale.it)

giovedì 13 giugno 2013

13 giugno: ricorrenza funesta per l'Italia



13 giugno 1946: Sua Mastà il Re Umberto II lasciava volontariamente l'Italia, non senza protestare contro l'atto rivoluzionario del governo Italiano, convinto che di lì a poco, pacificati gli animi ed evitata una guerra civile che il suo animo nobile aborriva, e qualunque fosse stato il risultato REALMENTE ACCLARATO del referendum da lui indetto (accettandone il responso anche se fosse stato contrario alla Monarchia) sarebbe potuto rientrare in Patria e vivere in Italia da Italiano. Fu invece VILMENTE esiliato e condannato ad una morte civile indegna ed immeritata, fu condannato a 37 anni di dolore ed amarezza per la lontananza forzata dalla sua amata Patria, fu condannato a morire con la parola Italia sulle labbra, fu condannato a giacere in terra straniera, seppur culla della sua Famiglia. Gli Italiani ricordino, o conoscano, questa pagina VILISSIMA della nostra Storia. Esiliando il Re l'Italia perse il più grande dei suoi figli e l'unica speranza di evitare il tracollo a cui oggi, dopo 67 anni di repubblica, l'Italia è giunta, meritando appieno di essere appellata quale "bordello" di dantesca memoria. VERGOGNA all'Italia di allora, e VERGOGNA all'Italia di oggi che ancora nega a quest'uomo incolpevole, giusto e generoso, di riposare nella sua Patria.
Viva l'Italia, viva il Re!


sabato 8 giugno 2013

Giugno 1946: la nascente repubblica si lorda del sangue dei Monarchici



Oggi, 8 giugno 2013, viene ricordato il pesantissimo tributo di sangue che 67 anni or sono la città di Napoli versò a riprova della sua indiscutibile fede monarchica. 
Dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, indetto dal Re d'Italia Umberto II affinchè gli Italiani potessero liberamente decidere del proprio ordinamento costituzionale, i noti eventi che portarono al lecito sospetto, se non alla certezza, di brogli elettorali a favore della fazione repubblicana, sfociarono in una drammatica situazione che ebbe il suo culmine nei giorni dal 6 al 12 di tale mese, situazione che vide molti innocdnti manifestanti  cadere vittima della bieca reazione delle forze repubblicane.
Il popolo Napoletano, monarchicissimo e legatissimo al Re, volle manifestare il proprio malcontento di fronte alla non chiara situazione elettorale, ma fu falciato dai colpi di mitraglia sparati dagli ausiliari di polizia dell'allora Ministro dell'Interno Romita, ministro del Re ma convinto repubblicano, principale "sospetto" per i brogli di cui sopra.
Alla fine degli scontri si contarono oltre 150 feriti e 9 morti, tutti giovani monarchici.
Proprio per evitare ulteriore spargimento di sangue ed un'altra guerra fratricida, dopo quella dalla quale si stava, faticosamente, appena uscendo, Umberto II il successivo 13 giugno, dopo formale protesta contro il rivoluzionario gesto del governo,  che "in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura (..omissis..) mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza (..omissis..)", lasciò l'Italia per placare gli animi e farvi ritorno (egli sperava, ma fu vilmente esiliato) dopo che le acque si fossero calmate



I 9 giovani monarchici che persero la vita per manifestare a favore del Re e della Monarchia furono:

Guido Beninati
Ida Cavalieri (19 anni)
Felice Chirico
Gaetano d’Alessandro (16 anni)
Francesco d’Azzo (21 anni)
Vincenzo Di Guida (20 anni)
Mario Fioretti (21 anni)
Michele Pappalardo (22 anni)
Carlo Russo (14 anni)

Ecco alcuni siti web e blogs dove è possibile farsi una accurata idea di cosa successe in quei tragici giorni a Napoli e principalmente nella via Medina, diventata tristemente famosa proprio per gli scontri e per avere avuto i suoi martiri.

Unione Monarchica Italiana_Speciale Via Medina

Archivio Storico_La brutale repressione antimonarchica

Quei monarchici di Napoli uccisi anche dalla Storia - Il Giornale.it

Morire per il Re - Cronologia.it



mercoledì 5 giugno 2013

5 giugno 1944: il Principe di Piemonte Umberto di Savoia assume la Luogotenenza del Regno

Nel giugno del 1944, dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nominò il figlio Luogotenente Generale del Regno in base agli accordi tra le varie forze politiche che formavano il Comitato di Liberazione Nazionale, e che prevedevano di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto. Umberto, dunque, esercitò di fatto le prerogative del sovrano senza tuttavia possedere la dignità di re, che rimase a Vittorio Emanuele III, rimasto a Salerno. Si trattava di un compromesso suggerito dall'ex presidente della Camera Enrico De Nicola, poiché i capi dei partiti antifascisti avrebbero preferito l'abdicazione di Vittorio Emanuele III, la rinuncia al trono da parte di Umberto e la nomina immediata di un reggente civile.



(testo digitalizzato da una pagina del libro "Declino e crollo della Monarchia in Italia", del Prof. Aldo A. Mola)

Primo messaggio del Principe Umberto dopo l'istituzione della luogotenenza

Il Luogotenente si guadagnò ben presto la fiducia degli Alleati grazie alla scelta di mantenere la monarchia italiana su posizioni filoccidentali. Umberto firmò su pressione americana il decreto legislativo luogotenenziale 151/1944 (vedi più avanti), che stabiliva che «dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali» sarebbero state «scelte dal popolo italiano, che a tal fine» avrebbe eletto «a suffragio universale, diretto e segreto, un'Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato» dando per la prima volta il voto alle donne. Formò quindi la Commissione per redigere lo Statuto della Sicilia in conformità con il suo intento di evitare la secessione dell'isola a opera dei movimenti indipendentisti. Nel corso dei due anni trascorsi al Quirinale, Umberto era assecondato da una piccola cerchia di fedelissimi formata più da tecnici che da politici. Il suo consigliere più ascoltato era il ministro della Real Casa Falcone Lucifero. I margini di azione della corte erano però limitati, anche a causa dell'esiguità dei fondi a disposizione (il Luogotenente disponeva solo della metà della "lista civile", il resto spettante al padre). La celebre storia dei cosiddetti "conti di Ciampino" appare infondata: Umberto II, quando si era recato a Ciampino il 13 giugno 1946, era stato accompagnato da un folto seguito, nel quale si trovavano anche alcune persone che avevano richiesto un titolo nobiliare. Nella confusione del momento, Umberto II si stava raccomandando con il ministro della Real Casa Falcone Lucifero di "far bene tutti i conti". Il riferimento era relativo alle spese che erano state sostenute nei giorni precedenti al referendum. Questa sua raccomandazione, però, è stata fraintesa da alcuni storici, che hanno ritenuto invece che, per gratitudine nei confronti di quei fedeli, Umberto II avesse voluto «farli tutti conti»


DECRETO-LEGGE LUOGOTENENZIALE 25 GIUGNO 1944, N. 151
ASSEMBLEA PER LA NUOVA COSTITUZIONE DELLO STATO,
GIURAMENTO DEI MEMBRI DEL GOVERNO E FACOLTÀ
DEL GOVERNO DI EMANARE NORME GIURIDICHE

UMBERTO DI SAVOIA
Principe di Piemonte
Luogotenente Generale del Regno
In virtù dell'autorià a Noi delegata;
Visto il R. decreto-legge 30 ottobre 1943, n. 2/B;
Visto l'art. 18 della legge 19 gennaio 1939, n. 129;
Ritenuta la necessità e l'urgenza per causa di guerra;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Primo Ministro Segretario di Stato;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1
Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato. I modi e le procedure saranno stabiliti con successivo provvedimento.

Art. 2
È abrogata la disposizione concernente la elezione di una nuova Camera dei Deputati e la sua convocazione entro quattro mesi dalla cessazione dell'attuale stato di guerra, contenuta nel comma terzo dell'articolo unico del R. decreto-legge 2 agosto 1943, n. 175, con cui venne dichiarata chiusa la sessione parlamentare e sciolta la Camera dei fasci e delle corporazioni.

Art. 3
I Ministri e Sottosegretari giurano sul loro onore di esercitare la loro funzione nell'interesse supremo della Nazione e di non compiere, fino alla convocazione dell'Assemblea Costituente, atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale.

Art. 4
Finché non sarà entrato in funzione il nuovo Parlamento, i provvedimenti aventi forza di legge sono deliberati dal Consiglio dei Ministri. Tali decreti legislativi preveduti nel comma precedente sono sanzionati e promulgati dal Luogotenente Generale del regno con la formula:
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta di ...
Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:...

Art. 5
Fino a quando resta in vigore la disposizione dello art. 2, comma primo, del R. decreto-legge 30 ottobre 1943, n. 2/B, i decreti relativi alle materie indicate dall'art. 1 della legge 31 gennaio 1926, n. 100, sono emanati dal Luogotenente Generale del regno con la formula: Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta di ...
Abbiamo decretato e decretiamo ...

Art. 6
Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del Regno - serie speciale - e sarà presentato alle Assemblee legislative per la conversione in legge. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo, a chiunque spetti, di osservare il presente decreto e di farlo osservare come legge dello Stato.
Dato a Napoli, addì 25 giugno 1944
UMBERTO DI SAVOIA

(testo tratto da Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_II_di_Savoia#La_Luogotenenza)

venerdì 24 maggio 2013

24 maggio: Il Piave mormorava!

24 maggio 1915: L'Italia entra in guerra a fianco di Francia e Gran Bretagna. Dal Forte Verena, sull'Altopiano di Asiago, alle ore 4 parte un primo colpo di cannone verso le fortezze austriache situate sulla Piana di Vezzena: l'Italia inizia ufficialmente le operazioni militari nella prima guerra mondiale. 
Il giorno prima, il 23 maggio, il governo Salandra ha presentato al governo di Vienna la dichiarazione di guerra, fissando l'inizio delle ostilità al giorno successivo.



La celeberrima "Canzone del Piave", scritta dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (meglio noto con lo pseudonimo di E. A. Mario), racconta tutte le fasi di quella che può essere considerata a tutti gli effetti come la prima, grande esperienza collettiva degli italiani: esperienza collettiva nel senso che tutti, non solo gli uomini in età militare e quindi i combattenti, ne furono in qualche modo coinvolti.




Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera...

Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti!

S'udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»

Ma in una notte trista
si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...
Ahi, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto,
poi che il nemico irruppe a Caporetto!

Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti!

S'udiva allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l'onde:
come un singhiozzo, in quell'autunno nero,
il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»

E ritornò il nemico;
per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame...
Vedeva il piano aprico,
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora...

«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti,
«Mai più il nemico faccia un passo avanti!»

Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteron l'onde...
Rosso di sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
«Indietro va', straniero!»

Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento...
E la vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti

Infranse, alfin, l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!

Sicure l'Alpi... Libere le sponde...
E tacque il Piave: si placaron l'onde...
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri!


La canzone del Piave, (1918) di E.A.Mario, pseudonimo di Ermete Giovanni Gaeta. Questa versione è eseguita da E.A.Mario stesso




giovedì 9 maggio 2013

9 Maggio 1946: il Re Vittorio Emanuele III abdica alla Corona del Regno d'Italia


9 maggio 1946: S.M il Re d'Italia Vittorio Emanuele III di Savoia abdica a favore del figlio Umberto, Principe di Piemonte, che assumerà il nome di Umberto II.





Ecco il messaggio agli Italiani del nuovo Re, con il quale si annuncia l'abdicazione di Vittorio Emanuele III e l'assunzione, da parte del nuovo Re Umberto II, dei poteri che egli già esercitava come Luogotenente Generale del Regno.









Il Principe Umberto, infatti, il 5 giugno del 1944 aveva assunto la Luogotenenza Generale del Regno, e dunque, anche se non formalmente, era già Re. Formalmente lo divenne proprio il 9 maggio, con l'atto di abdicazione del padre. Il suo regno durerà ufficialmente fino al 13 giugno 1946, giorno in cui lasciò l'Italia perchè, disse, "non voglio un trono macchiato di sangue".
Ma Umberto II non fu "il Re di Maggio", come lo si suole ricordare per aver regnato ufficialmente per un solo mese da maggio a giugno: egli fu Re per tutta la vita, fino alla sua morte avvenuta il 18 marzo del 1983, perchè non aveva mai abdicato e non aveva voluto nè potuto riconoscere la Repubblica Italiana, mai nata ufficialmente ed istituita con un gesto rivoluzionario del Governo e nel sospetto di pesanti brogli elettorali, o comunque nella non validità del referendum istituzionale del 2 giugno a causa di innumerevoli vizi di forma e di sostanza

Di seguito alcuni documenti dell'epoca: la prima pagina de "Il nuovo Corriere della Sera" e un cinegiornale dell'Istituto Luce



lunedì 18 marzo 2013

18 marzo 2013: 30° anniversario della scomparsa di S.M. il Re Umberto II di Savoia



Il 18 marzo 1983, nell'Ospedale Cantonale di Ginevra, moriva S.M. il Re Umberto II di Savoia.
Il 24 marzo, nell'Abbazia di Altacomba in Francia,  si tennero i funerali, ai quali parteciparono migliaia di Italiani giunti da ogni parte d'Italia con tricolori recanti lo stemma Sabaudo, a dimostrazione di quanto il Re fosse amato e di quanto la Monarchia fosse ancora nel cuore della gente.





Umberto II regnò un solo mese, il mese di maggio del 1946 (anche se per 2 anni, dal giugno 1944, era stato Luogotenente Generale del Regno, e dunque Re "facente funzioni"), e per questo era ed è conosciuto anche come il Re di maggio. Alla fine di una guerra disastrosa, che portò l'Italia sul baratro del disastro, Umberto II, pur non colpevole di quanto accaduto in precedenza, volle lasciare la parola al Popolo Italiano sulla scelta della forma istituzionale del Paese, ed indì il referendum per la scelta tra Monarchia e Repubblica.
Il 2 giugno del 1946 gli italiani andarono al voto e l'esito di questo referendum fu incerto per molti giorni, tanto che lo stesso Re Umberto promise un secondo referendum nel caso che la Monarchia avesse vinto con risultato solo di poco superiore a quello della repubblica. 
Si cominciò a parlare di vittoria della Monarchia, tanto che lo stesso De Gasperi, Presidente del Consiglio, il 5 giugno annunciava al Re che la Monarchia aveva vinto.
Improvvisamente tra il 5 e il 6 giugno i risultati sembrarono cambiare, furono scrutinati centinaia di migliaia voti di dubbia provenienza, ed il risultato cominciò ad essere a favore della repubblica.
Furono presentati migliaia di ricorsi, che non vennero presi in considerazione.

Scoppiarono molti disordini, soprattutto nel meridione, fra i fedelissimi del Re e le forze repubblicane. A Napoli 9 giovani monarchici, che manifestavano democraticamente, caddero negli scontri che vi furono tra il 9 e l'11 giugno. 
Il 10 giugno la Corte di Cassazione diede in via ufficiosa la notizia della vittoria della Repubblica affermando che avrebbe fatto la proclamazione ufficiale con i dati definitivi il 18 giugno. Ciò però non avvenne per cui la Repubblica, in effetti, non è mai stata proclamata !
Il Re, per sedare gli animi e per evitare il ripetersi di una guerra fratricida fra Italiani, che già aveva sparso tanto sangue durante la Resistenza, decise di allontanarsi TEMPORANEAMENTE dall'Italia per farvi ritorno quando l'esito del referendum fosse stato chiaro e fosse stata riconfermata la Monarchia oppure fosse stata sancita la vittoria della Repubblica. 
Il 13 giugno lasciò il Paese,  non senza aver protesta ufficialmente con questa nota:


Italiani!
Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.

A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani.
Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.

Viva l'Italia! Umberto

Roma, 13 giugno 1946.




Non appena egli uscì dal territorio nazionale, però, gli fu precluso il rientro e ne fu decretato l'esilio, un esilio che lo obbligò a vivere per 37 anni lontano dalla sua amata Patria, e che per ulteriori 30 anni, fino al presente, gli negò e gli nega una degna e civile sepoltura in quella che fu la sua terra e che i suoi avi contribuirono a far nascere e crescere.
Ora egli è sepolto nell'Abbazia di Altacomba, in Savoia, la culla dei sui padri, assieme ai Conti, ai Duchi e ai Re di Savoia che, partiti da una piccola regione della Francia, crearono un grande Stato Nazionale, l'Italia, e diedero dignità ad un Popolo che dal 1861 non è più il "volgo disperso che nome non ha" di manzoniana memoria, un Popolo che dal 1861 con orgoglio si definì e ancora si definisce Italiano.


Umberto II attende lì, ad Altacomba, come suo padre, Il Re Vittorio Emanuele II, il Re Soldato, il Re che completò l'unità d'Italia, attende ad Alessandria d'Egitto, e sua madre, la Regina Elena, Rosa d'Oro della Cristianità, attende a Montpelier, in Francia.


Attendono, coloro che hanno amato l'Italia, di tornare in Italia.
In tutte quelle nazioni che un tempo furono monarchiche ed ora non lo sono più è stato permesso ai reali di rientrare, da vivi o da morti. In Russia, in Austria, in Grecia, in Bulgaria e in altre nazioni le salme dei reali sono sepolte nella loro terra d'origine. Solamente in Italia si assiste a questa incivile, antidemocratica ed incostituzionale situazione, che vede chi ha contribuito al bene di Italia essere trattato come un cane, anzi peggio, perché di un cane si ha maggior pietà.
Quando finirà questo scempio? Quando si porrà termine a tutto ciò?
Agli Italiani il compito di farlo. 
Agli Italiani, a noi Italiani, il compito di far si che finalmente giustizia sia fatta.


domenica 17 marzo 2013

17 marzo 1861: nasce il Regno d'Italia

17 marzo 1861: nasce il Regno d'Italia.
A rettifica di quanto si sente dire da oramai circa 3 anni, il 17 marzo si celebra la nascita del Regno d'Italia e non l'Unità d'Italia, che fu raggiunta solamente nel 1918, sotto il regno di Vittorio Emanuele III,

alla fine della I Guerra Mondiale, con il ritorno alla nostra patria delle Italianissime città di Trento e Trieste e dei loro territori, ma non di Fiume e della Dalmazia, che non ci furono riconosciuti dai trattati di pace a causa dell'opposizione del Presidente Americano Woodrow Wilson, e per i quali si aprì una spinosa questione che portò strazio alla popolazioni Istriane e che ancora oggi mutila la nostra Unità e grida vendetta.

Tornando al 17 marzo 1861, in questa data Vittorio Emanuele II, fino a quel momento Re di Sardegna, assunse per se e per i suoi successori il titolo di re d'Italia.


L'unità era ancora lontana, mancando all'appello, come detto, il nord-est della nostra Patria nonchè lo Stato Pontificio con la Città Eterna, che fu presa solamente 9 anni dopo, il 20 settembre 1870, con la breccia di Porta Pia.




Nonostante queste mutilazioni, il 17 marzo del 1861 Vittorio Emanuele II, dopo aver mostrato sensibilità al "grido di dolore che da ogni parte d'Italia si leva verso di noi", portava finalmente a compimento il sogno che era stato di suo padre, il Re Carlo Alberto,

e di migliaia di patrioti che per esso giunsero all'estremo sacrificio della vita
Il 17 marzo 1861, grazie all'impegno di monarchici, quali lo stesso Vittorio Emanuele II e Camillo Benso di Cavour, e di repubblicani quali Garibaldi e Mazzini, che seppur da posizioni diverse operarono tutti per il bene supremo della Patria, il Popolo Italiano finalmente non era più un "volgo disperso che nome non ha", e l'Italia non era più la "terra dei morti" come la definì Lamartine.


Dal 17 marzo 1861 l'Italia aveva un unico Capo di Stato: S. M. il Re Vittorio Emanuele II, il Re Galantuomo.


Dal 17 marzo 1861 nell'azzurro cielo d'Italia risuonarono finalmente le note di un unico inno


">

Oggi, 17 marzo 2013, ricorre il 152° anniversario della nascita del Regno d'Italia.

Buon compleanno, Italia!


sabato 16 febbraio 2013

L'Abruzzo è tornato ad avere il suo Duca

Il 24 maggio del 2011 l'Abruzzo, dopo una "vacatio" durata 78 anni, è tornato ad avere il suo Duca. In tale data (tra l'altro significativa per l'Italia e per Casa Savoia) alle loro Altezze Reali i Principi Aimone e Olga di Savoia Aosta è nato il figlio secondogenito, il Principe Amedeo di Savoia Aosta, a cui il Capo di Casa Savoia, S.A.R. Amedeo, Duca di Savoia, nonno del neonato, ha conferito il titolo di Duca degli Abruzzi.

 

Il titolo di Duca degli Abruzzi era in precedenza appartenuto a S.A.R. il Principe Luigi Amedeo di Savoia Aosta, figlio di Amedeo Ferdinando Maria di Savoia Aosta e Maria Vittoria Dal Pozzo Della Cisterna, e fratello minore di Emanuele Filiberto di Savoia Aosta, Duca d'Aosta ed invitto comandante della III Armata nella Grande Guerra, e di Vittorio Emanuele di Savoia Aosta.
Luigi Amedeo nacque il 29 gennaio 1873 a Madrid, dove il padre Amedeo era stato chiamato a sedere sul trono di quella grande Nazione due anni prima, e morì il 18 marzo 1933 in Somalia, in località Villaggio Duca degli Abruzzi.
Ammiraglio, esploratore ed alpinista, nel giro di pochi anni effettuò spedizioni che lo resero celebre in tutto il mondo. Nel 1897 compì l'ascensione del Monte Saint Elias, in Alaska; nel 1900 effettuò la spedizione al Polo Nord che raggiunse la latitudine Nord più avanzata dell'epoca; nel 1906 esplorò il massiccio africano del Ruwenzori e asece le sue cime maggiori; nel 1909 compì la spedizione nel Karakorum, con il fallito tentativo di ascesa del K2 e il nuovo record mondiale di altitudine. Durante la Prima guerra mondiale comandò la flotta alleata. In seguito si dedicò fino alla sua morte ad un innovativo progetto di sperimentazione agricola e di cooperazione con popolazioni locali in Somalia.
L'Abruzzo era fiero che il suo nome fosse unito a quello del valoroso e popolarissimo Principe. Oggi il fato ha voluto che ancora una volta questo binomio, Abruzzo e Casa Savoia, si ricostituisse.
Speriamo che ciò sia foriero di buoni auspici per la nostra amata Regione, per l'Italia tutta e per Casa Savoia, a cui ancora una volta rinnoviamo il nostro giuramento di fedeltà.
Viva l'Italia, viva il Re!


  



mercoledì 30 gennaio 2013

Consiglio Nazionale UMI 26 gennaio 2013

Il giorno 26 gennaio 2013 si è riunito a Roma, per la sua prima seduta dopo il Congresso Nazionale celebrato nel novembre ultimo scorso (http://www.monarchia.it/attivitasvolte_20121124_congresso.html), il Consiglio Nazionale dell'Unione Monarchica Italiana (http://www.monarchia.it/attivitasvolte_20130126_consiglionazionale.html).
Per l'Abruzzo erano presenti il Presidente Regionale dell'UMI, Dott. Prof. Berardo Tassoni, e i Consiglieri Nazionali Claudio Agostini e Camillo Savini.
Il primo punto dell'ordine del giorno, dedicato all'approfondimento politico in vista delle prossime elezioni nazionali, ha dato vita ad un interessante ed acceso (ma sempre corretto) dibattito, in cui hanno preso la parola, tra gli altri, il Professor Tassoni ed il Consigliere Savini.
Presente anche lo storico Segretario dell'UMI Sergio Boschiero, ora Presidente Onorario.
Dal sito dell'UMI nazionale riportiamo alcune foto.

da sinistra: Amedeo De Dominicis (Segretario Nazionale del Fronte Monarchico Giovanile), 
Alessandro Sacchi (Presidente Nazionale UMI) e Davide Colombo (Segretario Nazionale UMI)
Vedute della sala
Il Presidente Sacchi, il Segretario Colombo e il Presidente Regionale Abruzzo Tassoni
 
Il Presidente Sacchi, il Segretario Colombo e il Consigliere Nazionale Savini

Nella giornata successiva, domenica 27 gennaio, negli stessi locali dell'Istituto Salesiano di via Marsala si è tenuta, nell'ambito del 65° ciclo di conferenze del Circolo Rex, una conferenza dal titolo "Monarchici: la quarta generazione". Relatore l'Avv. Alessandro Sacchi, Presidente Nazionale UMI (http://www.monarchia.it/attivitasvolte_20130127_rex.html)