giovedì 13 giugno 2013

13 giugno: ricorrenza funesta per l'Italia



13 giugno 1946: Sua Mastà il Re Umberto II lasciava volontariamente l'Italia, non senza protestare contro l'atto rivoluzionario del governo Italiano, convinto che di lì a poco, pacificati gli animi ed evitata una guerra civile che il suo animo nobile aborriva, e qualunque fosse stato il risultato REALMENTE ACCLARATO del referendum da lui indetto (accettandone il responso anche se fosse stato contrario alla Monarchia) sarebbe potuto rientrare in Patria e vivere in Italia da Italiano. Fu invece VILMENTE esiliato e condannato ad una morte civile indegna ed immeritata, fu condannato a 37 anni di dolore ed amarezza per la lontananza forzata dalla sua amata Patria, fu condannato a morire con la parola Italia sulle labbra, fu condannato a giacere in terra straniera, seppur culla della sua Famiglia. Gli Italiani ricordino, o conoscano, questa pagina VILISSIMA della nostra Storia. Esiliando il Re l'Italia perse il più grande dei suoi figli e l'unica speranza di evitare il tracollo a cui oggi, dopo 67 anni di repubblica, l'Italia è giunta, meritando appieno di essere appellata quale "bordello" di dantesca memoria. VERGOGNA all'Italia di allora, e VERGOGNA all'Italia di oggi che ancora nega a quest'uomo incolpevole, giusto e generoso, di riposare nella sua Patria.
Viva l'Italia, viva il Re!


sabato 8 giugno 2013

Giugno 1946: la nascente repubblica si lorda del sangue dei Monarchici



Oggi, 8 giugno 2013, viene ricordato il pesantissimo tributo di sangue che 67 anni or sono la città di Napoli versò a riprova della sua indiscutibile fede monarchica. 
Dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, indetto dal Re d'Italia Umberto II affinchè gli Italiani potessero liberamente decidere del proprio ordinamento costituzionale, i noti eventi che portarono al lecito sospetto, se non alla certezza, di brogli elettorali a favore della fazione repubblicana, sfociarono in una drammatica situazione che ebbe il suo culmine nei giorni dal 6 al 12 di tale mese, situazione che vide molti innocdnti manifestanti  cadere vittima della bieca reazione delle forze repubblicane.
Il popolo Napoletano, monarchicissimo e legatissimo al Re, volle manifestare il proprio malcontento di fronte alla non chiara situazione elettorale, ma fu falciato dai colpi di mitraglia sparati dagli ausiliari di polizia dell'allora Ministro dell'Interno Romita, ministro del Re ma convinto repubblicano, principale "sospetto" per i brogli di cui sopra.
Alla fine degli scontri si contarono oltre 150 feriti e 9 morti, tutti giovani monarchici.
Proprio per evitare ulteriore spargimento di sangue ed un'altra guerra fratricida, dopo quella dalla quale si stava, faticosamente, appena uscendo, Umberto II il successivo 13 giugno, dopo formale protesta contro il rivoluzionario gesto del governo,  che "in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura (..omissis..) mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza (..omissis..)", lasciò l'Italia per placare gli animi e farvi ritorno (egli sperava, ma fu vilmente esiliato) dopo che le acque si fossero calmate



I 9 giovani monarchici che persero la vita per manifestare a favore del Re e della Monarchia furono:

Guido Beninati
Ida Cavalieri (19 anni)
Felice Chirico
Gaetano d’Alessandro (16 anni)
Francesco d’Azzo (21 anni)
Vincenzo Di Guida (20 anni)
Mario Fioretti (21 anni)
Michele Pappalardo (22 anni)
Carlo Russo (14 anni)

Ecco alcuni siti web e blogs dove è possibile farsi una accurata idea di cosa successe in quei tragici giorni a Napoli e principalmente nella via Medina, diventata tristemente famosa proprio per gli scontri e per avere avuto i suoi martiri.

Unione Monarchica Italiana_Speciale Via Medina

Archivio Storico_La brutale repressione antimonarchica

Quei monarchici di Napoli uccisi anche dalla Storia - Il Giornale.it

Morire per il Re - Cronologia.it



mercoledì 5 giugno 2013

5 giugno 1944: il Principe di Piemonte Umberto di Savoia assume la Luogotenenza del Regno

Nel giugno del 1944, dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nominò il figlio Luogotenente Generale del Regno in base agli accordi tra le varie forze politiche che formavano il Comitato di Liberazione Nazionale, e che prevedevano di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto. Umberto, dunque, esercitò di fatto le prerogative del sovrano senza tuttavia possedere la dignità di re, che rimase a Vittorio Emanuele III, rimasto a Salerno. Si trattava di un compromesso suggerito dall'ex presidente della Camera Enrico De Nicola, poiché i capi dei partiti antifascisti avrebbero preferito l'abdicazione di Vittorio Emanuele III, la rinuncia al trono da parte di Umberto e la nomina immediata di un reggente civile.



(testo digitalizzato da una pagina del libro "Declino e crollo della Monarchia in Italia", del Prof. Aldo A. Mola)

Primo messaggio del Principe Umberto dopo l'istituzione della luogotenenza

Il Luogotenente si guadagnò ben presto la fiducia degli Alleati grazie alla scelta di mantenere la monarchia italiana su posizioni filoccidentali. Umberto firmò su pressione americana il decreto legislativo luogotenenziale 151/1944 (vedi più avanti), che stabiliva che «dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali» sarebbero state «scelte dal popolo italiano, che a tal fine» avrebbe eletto «a suffragio universale, diretto e segreto, un'Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato» dando per la prima volta il voto alle donne. Formò quindi la Commissione per redigere lo Statuto della Sicilia in conformità con il suo intento di evitare la secessione dell'isola a opera dei movimenti indipendentisti. Nel corso dei due anni trascorsi al Quirinale, Umberto era assecondato da una piccola cerchia di fedelissimi formata più da tecnici che da politici. Il suo consigliere più ascoltato era il ministro della Real Casa Falcone Lucifero. I margini di azione della corte erano però limitati, anche a causa dell'esiguità dei fondi a disposizione (il Luogotenente disponeva solo della metà della "lista civile", il resto spettante al padre). La celebre storia dei cosiddetti "conti di Ciampino" appare infondata: Umberto II, quando si era recato a Ciampino il 13 giugno 1946, era stato accompagnato da un folto seguito, nel quale si trovavano anche alcune persone che avevano richiesto un titolo nobiliare. Nella confusione del momento, Umberto II si stava raccomandando con il ministro della Real Casa Falcone Lucifero di "far bene tutti i conti". Il riferimento era relativo alle spese che erano state sostenute nei giorni precedenti al referendum. Questa sua raccomandazione, però, è stata fraintesa da alcuni storici, che hanno ritenuto invece che, per gratitudine nei confronti di quei fedeli, Umberto II avesse voluto «farli tutti conti»


DECRETO-LEGGE LUOGOTENENZIALE 25 GIUGNO 1944, N. 151
ASSEMBLEA PER LA NUOVA COSTITUZIONE DELLO STATO,
GIURAMENTO DEI MEMBRI DEL GOVERNO E FACOLTÀ
DEL GOVERNO DI EMANARE NORME GIURIDICHE

UMBERTO DI SAVOIA
Principe di Piemonte
Luogotenente Generale del Regno
In virtù dell'autorià a Noi delegata;
Visto il R. decreto-legge 30 ottobre 1943, n. 2/B;
Visto l'art. 18 della legge 19 gennaio 1939, n. 129;
Ritenuta la necessità e l'urgenza per causa di guerra;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Primo Ministro Segretario di Stato;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1
Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato. I modi e le procedure saranno stabiliti con successivo provvedimento.

Art. 2
È abrogata la disposizione concernente la elezione di una nuova Camera dei Deputati e la sua convocazione entro quattro mesi dalla cessazione dell'attuale stato di guerra, contenuta nel comma terzo dell'articolo unico del R. decreto-legge 2 agosto 1943, n. 175, con cui venne dichiarata chiusa la sessione parlamentare e sciolta la Camera dei fasci e delle corporazioni.

Art. 3
I Ministri e Sottosegretari giurano sul loro onore di esercitare la loro funzione nell'interesse supremo della Nazione e di non compiere, fino alla convocazione dell'Assemblea Costituente, atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale.

Art. 4
Finché non sarà entrato in funzione il nuovo Parlamento, i provvedimenti aventi forza di legge sono deliberati dal Consiglio dei Ministri. Tali decreti legislativi preveduti nel comma precedente sono sanzionati e promulgati dal Luogotenente Generale del regno con la formula:
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta di ...
Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:...

Art. 5
Fino a quando resta in vigore la disposizione dello art. 2, comma primo, del R. decreto-legge 30 ottobre 1943, n. 2/B, i decreti relativi alle materie indicate dall'art. 1 della legge 31 gennaio 1926, n. 100, sono emanati dal Luogotenente Generale del regno con la formula: Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta di ...
Abbiamo decretato e decretiamo ...

Art. 6
Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del Regno - serie speciale - e sarà presentato alle Assemblee legislative per la conversione in legge. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo, a chiunque spetti, di osservare il presente decreto e di farlo osservare come legge dello Stato.
Dato a Napoli, addì 25 giugno 1944
UMBERTO DI SAVOIA

(testo tratto da Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_II_di_Savoia#La_Luogotenenza)